Tra palazzoni di tredici piani, grandi aiuole, case popolari, mercatini rionali, chiese e recinzioni di cemento armato, carceri, campi rom e strade a scorrimento veloce….
Il carnevale del Gridas nasce 25 anni fa, con l’intento di rivalutare la funzione del carnevale come occasione di denuncia e critica sociale. Ogni anno viene scelto un tema sui fatti di attualità, sul quale ragionare con la costruzione di carri e maschere da parata. Quest’anno il tema è stato: “FILO DIRe/iTTO ovvero CHI CONTROLLA CHI” con riferimento ai fatti di cronaca tra spionaggi e intercettazioni: i fili delle guerre globali e sociali, i flussi di persone, donne, minori ma anche merci, immondizia, armi, scorie. Un atto di accusa verso chi tiene i fili, con schemi e omologazioni imposti dall’alto. Ma anche una spinta a cambiare le cose. Come ogni anno le maschere sono contrapposte tra simboli positivi e negativi relativi al tema scelto. E come ogni anno il corteo si è concluso con un grande falò per bruciare allegoricamente i simboli negativi e far trionfare quelli positivi danzanti in un girotondo attorno alle ceneri. Le maschere e le strutture sono costruite con materiali di risulta, cartone, cartapesta, poliuretano espanso, nell’ottica del riciclaggio. Quest’anno il Gridas ha presentato come carro negativo un grosso telefono centrale con occhio (tipo grande fratello) da cui si dipartono, collegate a fili, tante cornette, ognuna caratterizzata per argomenti (guerra, nucleare, calcio, pornografia, migrazioni, immondizia, ecc.) e temi specifici, come il ‘filo spezzato di Welby’ o il ‘filo a cappio di Saddam’.
costruita e voluta dal Gridas e da tutte le realtà che vi partecipano “che si riappropriano della strada con i piedi”, per usare le parole di Felice Pignataro. Il Gridas è un centro sociale costituito nel 1981, l’acronimo ‘gruppo risveglio dal sonno’ (in riferimento alla frase di una delle incisioni della “quinta del sordo” di Goya), allude al risveglio delle coscienze e ad una partecipazione attiva alla crescita della società. Fondato da alcuni attivisti, tra cui Felice e Mirella Pignataro, il gruppo comincia sin dall’inizio a dare un contributo deciso all’innovazione educativa, soprattutto nelle scuole, nell’ottica di una pedagogia creativa: pittura collettiva, uso dei sussidi audiovisivi, riscoperta della manualità, riciclaggio dei materiali, sperimentazione di nuovi linguaggi artistici come i murales, i fumetti, gli autoadesivi stampati a mano in lineolografia, e la televisione a mano come teatro minimo di strada. Da più di vent’anni il Gridas svolge sul quartiere una fondamentale azione sociale e pedagogica, gratuita, incessante e tenace, tanto da diventare un punto di riferimento per le altre realtà territoriali che nella sua sede si incontrano, si scambiano opinioni, progetti, modalità pedagogiche e relazionali, sostenendosi nella realizzazione delle diverse attività.
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