cominciano a scendere due culture su scale fatte di foglie e desideri.. vicini o irrequieti i piedi coprono il sentiero giallo tufo.. chiara o bruna la pelle degli avventurieri scorge a metà percorso una composta staccionata.. ci accoglie un mulo.. custode silenzioso del piccolo regno del rispetto, in cui ogni movimento è natura, ogni natura è dono, ogni dono è scambio di emozioni che portano al mare, meta quotidiana al profumo di sale.. contornata da un teatrino di rovine antiche la nostra oasi lascia ammirarsi da limpidi sguardi e accarezzarsi da fiducia nuotata.. qualche ora.. una sbirciata alla grotta minuta e poi via.. un quarto dei pezzi del puzzle vivente si avvia in risalita, con aria nascosta di chi va a costruire una sorpresa.. non ci si voglia scordare del degno saluto da rendere al buffo custode dalle alte orecchie a punta.. ma in fretta però, il dovere di dar piacere ai commensali è forte.. il pranzo sarà in tavola tra mezz’ora.. serve apparecchiare.. basta raccogliere lungo il ritorno qualcosa che si guadagni il consenso emotivo dell’allegra spedizione.. da riportare come dopo un prestito.. la cucina ci aspetta.. nella stanza più avanti è accomodata un’officina della creatività.. un tavolone centrale per poter lavorare guardandosi.. alle spalle tutto l’occorrente.. e se non c’è lo si inventa: si mettono in pratica gli ecoritrovamenti affiatati.. ed ecco che sui tavolini da pranzo arrivano le tovagliette contaminate da oggetti di natura.. pietre e sassolini vivaci, cortecce d’alberi che soffrono il caldo e cambiano pelle, rametti e fiorellini attendono gli altri bagnanti per accoglierli con un regalino “fatto da noi!”: espressione personalizzata consapevole.. e domani a chi toccherà?.. chissà.. lo decideremo insieme non prima di aver raccolto energie imbandite. Al pomeriggio, lungi dal preservarsi da una floscia fase digestiva (salvo che per bioritmiche ragioni sonnolente) è gioco libero.. “più in là c’è un parco giochi chiuso, m’hanno detto”, presto fatto.. non sarà mica una vecchia ringhiera squarciata a farci credere che questo posto è morto?!? su con la vita.. il tutto comincia a muoversi tra fruscii e cigolii ferrosi, i bambini sono l’ossigeno di questo luogo abbandonato.. qui si rinasce.. e poi ancora prato.. su cui sedere a parlarsi con le mani in azione.. disegni sparsi tra una comitiva e l’altra.. segni pennellati da contatti con l’altro.. c’è tanto da esplorare.. il lavoro è lungo quanto grandioso.. la vicinanza dei corpi favorisce brevi scontri interculturali.. poi incontri abbracciati.. siamo tutti sulla stessa barca.. i ragazzi lo sanno bene.. e i pregiudizi servono soltanto a ledere la libertà d’essere.. tanti sono i sapori umani da assaggiare.. e il palato non è solo un nucleo di papille ma anche veicolo esclusivo di corde vocali da strimpellare al ritmo di relazioni.. sempre più armoniose.. coltivate nel tempo come fiori dolcificano il rispetto reciproco e germogliano un reale mettersi-in-gioco tanto caro e facile alle tenere età.. i brutti pensieri, sfiducie e mancate speranze sono indotti da una realtà molto meno facile da vivere.. siamo sulla stessa nave.. e il mare si lascia scorgere fino a un certo punto.. così dalla cooperativa manipolazione di un cilindro alto il doppio di un cappello e guarnito a un lato da materiale impermeabile nasce un oggetto magico d’inimmaginabile potenza.. offrirgli omaggio con un nome all’altezza e d’obbligo: il Marescopio.. un portale trasportabile che unisce l’elemento aria a quello acqua, senza escludere la vista a noi creature terrene.. basta che la parte trasparente di Quello sia appoggiata su uno squarcio di mare desiderato e che una minuscola testa vi cali dentro gli occhi.. e spiare il fondo di sassi dai peli solleticanti.. e la paura del buio è annullata da ciò per cui la fantastica Forma ha motivo d’esistere.. la conoscenza.. unica maestra che permette un contatto con l’esistente.. dalla dinamica consistenza della natura al geniale incastro di bambini e adulti con essa, fino alla profonda calata in noi.. niente è statico.. muoviamoci ché sono pronte le vivande serali.. c’è da recuperare un po’ di forze.. il salone rimbombante al fianco della cena attende di riempirsi con un gran cerchio umano, seduto in terra con le gambe incrociate a prepararsi per un riscontro-ritorno verbale sulla natura della giornata passata.. l’energia è ancora tanta.. non è facile star fermi.. ma c’è da parlare di sensazioni, scontenti e meraviglie del giorno.. intelligenza emotiva: ripercorrersi in ogni propria azione motivata da respiri del momento, rivedere le posizioni e le scelte agite al sole.. e le relazioni gestite tra conflitti sinceri e mediazioni coscienti, invasioni di luoghi e condivisioni di spazi.. alziamoci.. la cena.. il buio incombe e il piccolo anfiteatro di cemento all’esterno dell’area “vitto&alloggio” desidera una compagnia di cantastorie che musica le fasi crescenti della luna.. sarà splendidamente piena fra qualche giorno.. non ci resta che invocarla e poi.. tutti a nanna, ognuno nella propria stanza da sei freschi letti.. è tardi.. di attimi genuini ce n’è ancora, da vivere parlare tastare.. sogni d’oro riposati, ché al mattino dal terzo piano dormiente ci si sveglierà al suono di un deedjeredoo.. uditivo preannuncio ad un inspirato saluto al sole.. troppo ferme sono state le membra durante la notte.. è tempo di attività.. la colazione sarà in tavola.. il mare giù nell’angolo.. domani si scenderà a sud.
un po' di storia...
chi rom e…chi no è un’associazione di promozione sociale che nasce a Scampia, periferia nord di Napoli, nel 2002.
Si è radicata nel territorio a partire dalla creazione di relazioni significative tra le comunità rom e italiana del quartiere e della città, attraverso interventi culturali e pedagogici, lavorando nella periferia intesa come luogo di sperimentazione e condivisione di buone pratiche.
Chi rom e…chi no progetta e realizza laboratori per i minori, gli adolescenti, le donne, nelle scuole, nel campo rom, nei rioni e negli spazi pubblici di Scampia per attivare concreti processi di cittadinanza e partecipazione ai percorsi di emancipazione sociale, personale e collettiva, per la trasformazione positiva di un intero territorio.
La storia dell’associazione inizia dalla autocostruzione di una baracca con gli abitanti del campo rom informale di Scampia, che è diventata spazio pubblico e culturale della città con l’obiettivo di combattere le discriminazioni, gli stereotipi, favorire la partecipazione attiva e critica degli abitanti, delle associazioni, delle istituzioni.
chi rom e...chi no, dopo anni di radicamento nel quartiere di Scampia, affronta un ambizioso quanto complesso progetto di consolidamento delle relazioni culturali, umane, emozionali, pedagogiche, interculturali e progettuali fin qui vissute, attraverso la scelta di creare un luogo simbolo di permanenza culturale e di cittadinanza aperto e condiviso.
Nello spazio comunale affidato all'associazione in comodato d’uso gratuito per sei anni, nel polifunzionale di Scampia, Comparto 12, Viale della Resistenza, sovrastante l’Auditorium, chi rom e…chi no ha come suo primo obiettivo la progettazione di un abitare collettivo per immaginare uno spazio culturale e sociale, luogo aperto ai bambini, alle famiglie, ai giovani, ai lavoratori,agli stranieri, italiani e rom, alla rete di associazioni del quartiere.
Affianchiamo al processo culturale, un processo di autosostenibilità e di innovazione sociale attraverso l’attivazione di una cucina interculturale e l’apertura di uno spazio di ristorazione diurno e serale gestito dalla Kumpania Impresa Sociale, la prima in Italia che coinvolge dieci donne rom e italiane.
La riorganizzazione degli spazi, la riqualificazione ed il recupero di una risorsa territoriale da sempre sottoutilizzata o addirittura in abbandono, la contiguità con l'Auditorium e con il grande parco di Scampia, diventano allora elementi costitutivi di una piattaforma d'intervento che si interroga sulle odierne prospettive di trasformazione dello spazio pubblico e sull'effettiva sostenibilità di processi socialmente rilevanti.
giovedì 19 gennaio 2006
La colonia
cominciano a scendere due culture su scale fatte di foglie e desideri.. vicini o irrequieti i piedi coprono il sentiero giallo tufo.. chiara o bruna la pelle degli avventurieri scorge a metà percorso una composta staccionata.. ci accoglie un mulo.. custode silenzioso del piccolo regno del rispetto, in cui ogni movimento è natura, ogni natura è dono, ogni dono è scambio di emozioni che portano al mare, meta quotidiana al profumo di sale.. contornata da un teatrino di rovine antiche la nostra oasi lascia ammirarsi da limpidi sguardi e accarezzarsi da fiducia nuotata.. qualche ora.. una sbirciata alla grotta minuta e poi via.. un quarto dei pezzi del puzzle vivente si avvia in risalita, con aria nascosta di chi va a costruire una sorpresa.. non ci si voglia scordare del degno saluto da rendere al buffo custode dalle alte orecchie a punta.. ma in fretta però, il dovere di dar piacere ai commensali è forte.. il pranzo sarà in tavola tra mezz’ora.. serve apparecchiare.. basta raccogliere lungo il ritorno qualcosa che si guadagni il consenso emotivo dell’allegra spedizione.. da riportare come dopo un prestito.. la cucina ci aspetta.. nella stanza più avanti è accomodata un’officina della creatività.. un tavolone centrale per poter lavorare guardandosi.. alle spalle tutto l’occorrente.. e se non c’è lo si inventa: si mettono in pratica gli ecoritrovamenti affiatati.. ed ecco che sui tavolini da pranzo arrivano le tovagliette contaminate da oggetti di natura.. pietre e sassolini vivaci, cortecce d’alberi che soffrono il caldo e cambiano pelle, rametti e fiorellini attendono gli altri bagnanti per accoglierli con un regalino “fatto da noi!”: espressione personalizzata consapevole.. e domani a chi toccherà?.. chissà.. lo decideremo insieme non prima di aver raccolto energie imbandite. Al pomeriggio, lungi dal preservarsi da una floscia fase digestiva (salvo che per bioritmiche ragioni sonnolente) è gioco libero.. “più in là c’è un parco giochi chiuso, m’hanno detto”, presto fatto.. non sarà mica una vecchia ringhiera squarciata a farci credere che questo posto è morto?!? su con la vita.. il tutto comincia a muoversi tra fruscii e cigolii ferrosi, i bambini sono l’ossigeno di questo luogo abbandonato.. qui si rinasce.. e poi ancora prato.. su cui sedere a parlarsi con le mani in azione.. disegni sparsi tra una comitiva e l’altra.. segni pennellati da contatti con l’altro.. c’è tanto da esplorare.. il lavoro è lungo quanto grandioso.. la vicinanza dei corpi favorisce brevi scontri interculturali.. poi incontri abbracciati.. siamo tutti sulla stessa barca.. i ragazzi lo sanno bene.. e i pregiudizi servono soltanto a ledere la libertà d’essere.. tanti sono i sapori umani da assaggiare.. e il palato non è solo un nucleo di papille ma anche veicolo esclusivo di corde vocali da strimpellare al ritmo di relazioni.. sempre più armoniose.. coltivate nel tempo come fiori dolcificano il rispetto reciproco e germogliano un reale mettersi-in-gioco tanto caro e facile alle tenere età.. i brutti pensieri, sfiducie e mancate speranze sono indotti da una realtà molto meno facile da vivere.. siamo sulla stessa nave.. e il mare si lascia scorgere fino a un certo punto.. così dalla cooperativa manipolazione di un cilindro alto il doppio di un cappello e guarnito a un lato da materiale impermeabile nasce un oggetto magico d’inimmaginabile potenza.. offrirgli omaggio con un nome all’altezza e d’obbligo: il Marescopio.. un portale trasportabile che unisce l’elemento aria a quello acqua, senza escludere la vista a noi creature terrene.. basta che la parte trasparente di Quello sia appoggiata su uno squarcio di mare desiderato e che una minuscola testa vi cali dentro gli occhi.. e spiare il fondo di sassi dai peli solleticanti.. e la paura del buio è annullata da ciò per cui la fantastica Forma ha motivo d’esistere.. la conoscenza.. unica maestra che permette un contatto con l’esistente.. dalla dinamica consistenza della natura al geniale incastro di bambini e adulti con essa, fino alla profonda calata in noi.. niente è statico.. muoviamoci ché sono pronte le vivande serali.. c’è da recuperare un po’ di forze.. il salone rimbombante al fianco della cena attende di riempirsi con un gran cerchio umano, seduto in terra con le gambe incrociate a prepararsi per un riscontro-ritorno verbale sulla natura della giornata passata.. l’energia è ancora tanta.. non è facile star fermi.. ma c’è da parlare di sensazioni, scontenti e meraviglie del giorno.. intelligenza emotiva: ripercorrersi in ogni propria azione motivata da respiri del momento, rivedere le posizioni e le scelte agite al sole.. e le relazioni gestite tra conflitti sinceri e mediazioni coscienti, invasioni di luoghi e condivisioni di spazi.. alziamoci.. la cena.. il buio incombe e il piccolo anfiteatro di cemento all’esterno dell’area “vitto&alloggio” desidera una compagnia di cantastorie che musica le fasi crescenti della luna.. sarà splendidamente piena fra qualche giorno.. non ci resta che invocarla e poi.. tutti a nanna, ognuno nella propria stanza da sei freschi letti.. è tardi.. di attimi genuini ce n’è ancora, da vivere parlare tastare.. sogni d’oro riposati, ché al mattino dal terzo piano dormiente ci si sveglierà al suono di un deedjeredoo.. uditivo preannuncio ad un inspirato saluto al sole.. troppo ferme sono state le membra durante la notte.. è tempo di attività.. la colazione sarà in tavola.. il mare giù nell’angolo.. domani si scenderà a sud.
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