un po' di storia...

chi rom e…chi no è un’associazione di promozione sociale che nasce a Scampia, periferia nord di Napoli, nel 2002.

Si è radicata nel territorio a partire dalla creazione di relazioni significative tra le comunità rom e italiana del quartiere e della città, attraverso interventi culturali e pedagogici, lavorando nella periferia intesa come luogo di sperimentazione e condivisione di buone pratiche.

Chi rom e…chi no progetta e realizza laboratori per i minori, gli adolescenti, le donne, nelle scuole, nel campo rom, nei rioni e negli spazi pubblici di Scampia per attivare concreti processi di cittadinanza e partecipazione ai percorsi di emancipazione sociale, personale e collettiva, per la trasformazione positiva di un intero territorio.

La storia dell’associazione inizia dalla autocostruzione di una baracca con gli abitanti del campo rom informale di Scampia, che è diventata spazio pubblico e culturale della città con l’obiettivo di combattere le discriminazioni, gli stereotipi, favorire la partecipazione attiva e critica degli abitanti, delle associazioni, delle istituzioni.

chi rom e...chi no, dopo anni di radicamento nel quartiere di Scampia, affronta un ambizioso quanto complesso progetto di consolidamento delle relazioni culturali, umane, emozionali, pedagogiche, interculturali e progettuali fin qui vissute, attraverso la scelta di creare un luogo simbolo di permanenza culturale e di cittadinanza aperto e condiviso.

Nello spazio comunale affidato all'associazione in comodato d’uso gratuito per sei anni, nel polifunzionale di Scampia, Comparto 12, Viale della Resistenza, sovrastante l’Auditorium, chi rom e…chi no ha come suo primo obiettivo la progettazione di un abitare collettivo per immaginare uno spazio culturale e sociale, luogo aperto ai bambini, alle famiglie, ai giovani, ai lavoratori,agli stranieri, italiani e rom, alla rete di associazioni del quartiere.

Affianchiamo al processo culturale, un processo di autosostenibilità e di innovazione sociale attraverso l’attivazione di una cucina interculturale e l’apertura di uno spazio di ristorazione diurno e serale gestito dalla Kumpania Impresa Sociale, la prima in Italia che coinvolge dieci donne rom e italiane.

La riorganizzazione degli spazi, la riqualificazione ed il recupero di una risorsa territoriale da sempre sottoutilizzata o addirittura in abbandono, la contiguità con l'Auditorium e con il grande parco di Scampia, diventano allora elementi costitutivi di una piattaforma d'intervento che si interroga sulle odierne prospettive di trasformazione dello spazio pubblico e sull'effettiva sostenibilità di processi socialmente rilevanti.

sabato 17 ottobre 2009

L' Inferno tra le Vele

di Maurizio Braucci

Prima di "Gomorra", già per i film "Terra di mezzo" e "L'imbalsamatore", Matteo Garrone aveva girato in altre aree difficili della Campania, mosso da una forte determinazione ad approfondire i mondi che intendeva raccontare. Con il film tratto dal bestseller di Roberto Saviano, Garrone ha continuato un metodo di lavorazione che gli è proprio, anche se questa volta con un progetto più complesso. La fase di preparazione di "Gomorra" è durata tre mesi ed è stata caratterizzata dalla ricerca di luoghi e dalla apertura di canali di connessione che permettessero di ambientare il film negli stessi territori raccontati dal romanzo. Nel quartiere Scampia ciò ha portato all'occupazione cinematografica, per quasi due mesi, di uno degli edifici delle Vele, quello giallo, senza però la consueta protezione delle forze dell'ordine.

Il successo di questo obiettivo estremamente realistico ha avuto varie ragioni, a partire da persone, cito qui il fotografo Mario Spada, i componenti dell'associazione "Chi rom... e chi no" e quelli del progetto teatrale Arrevuoto, che hanno mediato con gli abitanti. È vero che fino al giorno prima non sarebbe stato possibile, a causa della presenza delle piazze di spaccio, entrare in una delle Vele; così come è vero che dal giorno in cui è stato dato lì il primo ciak, quell'immenso e famigerato condominio si sia trasformato in qualcosa di sorprendente. Sono stati alcuni degli abitanti, compresi gli stessi spacciatori, ad accogliere Garrone e i suoi in cambio di un coinvolgimento come attori o come fornitori delle loro case per il set.

Certo, 30 anni di contraddizioni non le risolve un film, e se lo spaccio è comunque continuato "un po' più in là" durante le riprese, a un certo punto sono comparsi anche i boss camorristi, cioè quegli Scissionisti che avevano vinto la guerra contro i Di Lauro nel 2005 e che erano sulla bocca di tanti giovani del posto. "The scission" infatti era un suono ricorrente e la memoria di quella guerra costituiva un incubo o un mito per gli abitanti di Scampia, il film la raccontava e ognuno ha finito per metterci un pezzo della sua esperienza. All'inizio delle location si aveva timore a presentare il progetto con il nome di Saviano ma ben presto si è capito che quella cautela era inutile. Saviano a Scampia era sì criticato ma non odiato. Un giovane che aveva militato nel Sistema mi ha confessato che «Tanti camorristi si vantano di essere citati nel libro e poi lui il vero problema ce l'ha con i Casalesi». Alla vigilia delle riprese, quando i camorristi sono arrivati a informarsi, hanno ricevuto per filo e per segno il report della situazione, e semplicemente hanno ritenuto più conveniente lasciar fare, fino al punto che alcuni di loro venivano a curiosare sul set. Ci sono stati anche momenti di tensione, come quando nel lotto P, mentre si era pronti per girare, l'accesso venne improvvisamente interdetto dagli spacciatori. Oppure quando il salumiere a cui era stato chiesto il negozio come set, di fronte ad un cambio di programma del regista, protestò vivacemente e venne però minacciato da alcune comparse del film. Eppure, l'occupazione cinematografica di Scampia ha avuto tanti risvolti positivi, a partire dal fatto che la troupe ha potuto vedere quanta brava gente vi vivesse, in ostaggio di un degrado tollerato dalle istituzioni. I set in esterni erano sempre occasione di curiosità e di dibattiti, a volte accesi perché qualcuno riteneva di saperla più lunga di un altro; le frotte di bambini facevano da sfondo continuo e, spesso, la loro incontenibilità ha dovuto far ripetere qualche scena o è diventata il capro espiatorio del nervosismo degli adulti. Per questo gli operatori di "Chi rom.. e chi no" erano di continuo impegnati fuori dal set a organizzare giochi per loro. E, una volta, Giuseppe, otto anni, mentre aspettava che la troupe finisse di girare nell'appartamento dei suoi genitori, ha scritto sul muro "Io abito dentro un film". E in effetti, in quelle settimane la realtà e la finzione si confondevano. Daniela e Dalia, parrucchiera e truccatrice del set, durante le pause si ritrovavano spesso a rifare il look ai giovani delle Vele e, dall'abbondanza di chiacchiere, capivi quanto fosse prezioso rompere l'isolamento sociale in cui erano rinchiusi.



Anche le incomprensioni abbondavano: i tossicodipendenti, inconsapevoli, si infilavano spesso tra le comparse di una scena di spaccio. Una volta un attore ne dovette rincorrere uno per avvisarlo che aveva ricevuto del gesso e non della coca. Prima di girare la scena in cui i ragazzini rom guidano i Tir - cosa che hanno fatto per davvero, essendo degli autisti precoci - Garrone spiegò che Toni Servillo era il faccendiere che li pagava per fargli fare un trasporto di rifiuti tossici e, infatti, alla fine delle riprese, quelli volevano davvero andare da Servillo per avere i loro soldi. La scena alla foce del Volturno, dove Marco e Pisellino provano le armi, è stata caratterizzata da un incidente: la barca che esplode, infatti, lo fa al momento sbagliato, sorprendendo lo stesso attore che in quel momento stava sparando. Lo stupore che si vede sul suo volto è reale e, come qualcuno ha detto, è il simbolo di quello stupore con cui Garrone ha filmato il mondo di "Gomorra".

Oggi, a distanza di più di due anni dalle riprese, la Vela gialla è quasi del tutto disabitata e in uno stato di ulteriore degrado. Molte famiglie si sono trasferite nelle residenze affidate dal Comune, altre sono andate via. Il movimento di bambini non è più così vivace, ne rimangono pochissimi che quando fa caldo si aggirano in pannolini e senza scarpe per i corridoi immortalati dal film, arrampicandosi sulle ringhiere ad altezze vertiginose. L'associazione "Chi rom... e chi no " ha occupato un alloggio, trasformandolo in una ludoteca. Lo spazio ora è pieno di colori, ha un arredamento dipinto sui muri dai ragazzini e questi vi si aggirano come se fosse una casa dei sogni. Dalla Germania, dove hanno visto il film e scoperto il quartiere, tre giovani artisti si sono trasferiti a Scampia e stanno riempiendo di giganteschi disegni floreali le facciate delle Vele. Per il resto, all'interno dei lotti famigerati, nulla è cambiato, la povertà e la miseria umana sono rimaste le stesse.

(da l’Espresso 14 ottobre 2009)

martedì 29 settembre 2009

Iniziamo un nuovo anno


Cari amici,

quando sette anni fa, abbiamo costruito la baracca insieme ai rom, nella nostra testa doveva diventare uno spazio pubblico, aperto, di incontro tra comunità.

Negli anni questa idea è diventata una realtà; tante, e non è facile elencarle tutti, sono state le attività, i laboratori, gli incontri, i momenti conviviali.

Le nostre azioni e riflessioni confluiscono in una ricerca continua di senso politico e pedagogico, sia nella città che fuori, da qui sono nate esperienze quali, il comitato spazio pubblico, il progetto teatrale Arrevuoto, ed idee sull'abitare (linee guida per il superamento dei campi rom, la partecipazione e l'audodeterminazione dei rom (il gruppo rom Assunen Romalen). Oggi, tutto questo lavoro è messo in discussione dal decreto sicurezza del Ministro Maroni e dalle politiche comunali e regionali di costruzione di spazi attrezzati per soli rom che hanno in sè un evidente carattere discriminatorio e ghettizzante, che non tendono in alcun conto degli enormi passi avanti fatti in termini di ricerca interculturale locale e internazionale e delle concrete relazioni tra napoletani e rom nel territorio di Scampia.

Per continuare a costruire insieme azioni e riflessioni vi invitiamo a cominciare insieme a noi quest'anno di lavoro complesso e critico:



Votta 'e mmane, votta 'e mmane ... C’è SPAZIO PER TUTTI

Sabato 3 ottobre dalle ore 10.00 riprendono i lavori alla Scola Jungla, campo rosa di via Cupa Perillo, Scampia Napoli!!!!

sistemazione e pulizia dello spazio esterno, progettazione dell’orto didattico e degli arredi

Pranzo tutti insieme!!!...e poi continuano i lavori!!!!

Le attività da progettare sono tante….

accorrete numerose/i !!!!


In programma:

Da metà ottobre, Arrevuoto, laboratori teatrali per adolescenti

Per i bambini e le bambine “fuori scuola”, laboratori ludico espressivi, carnevale, colonia

Per adulti percorsi di alfabetizzazione, percorsi con le donne.

Per raggiungerci contattate Marco 3382973937 – Daniela 3392784528 - Alessandra 339405092 oppure via email: chirom.e.chino@gmail.com

mercoledì 23 settembre 2009

Aggiornamento dai campi

Sistemazioni abitativa per i rom. Un'occasione di riqualificazione urbanistica
di Domenico Pizzuti

Dopo la realizzazione del censimento delle popolazioni rom a Napoli e Provincia nei mesi giugno-ottobre 2008 ad opera del Commissariato di governo Prefetto Alessandro Pansa in ottemperanza all’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 maggio 2008 n. 3678, entra in fase di attuazione anche la sistemazione abitativa delle famiglie rom censite con la realizzazione di tre nuovi centri di accoglienza e di un villaggio attrezzato con due isole a Scampia ad opera del comune di Napoli ed il monitoraggio del Commissariato di governo, in seguito allo sblocco dei fondi nazionali e regionali ammontanti a 24 milioni di euro (Corriere del Mezzogiorno, 6 agosto 2009, p. 9).
Si deve osservare in primo luogo che paradossalmente proprio un governo che della sicurezza ha fatto una bandiera stabilendo il reato di clandestinità, pragmaticamente abbia affrontato la questione rom per definirne l’ampiezza e provvedere ad una sistemazione più vivibile sul territorio dei gruppi rom censiti. Resta da verificare fino a che punto i progetti che saranno attuati nell’area napoletana rappresentino un effettivo superamento della ghettizzazione ed esclusione rappresentati dalla vergogna dei “campi nomadi” tollerati per troppi anni nell’ indifferenza delle istituzioni, della cittadinanza ed in parte delle stesse chiese locali. Al di là dell’accelerazione impressa dal Commissariato di governo alla realizzazione dei compiti affidati, e di un quasi inesistente dibattito in materia forse per non fomentare ostilità diffuse della popolazione, si deve lamentare una totale esclusione da parte dell’assessorato alla politiche sociali del Comune di Napoli nella formulazione di progetti di sistemazione abitativa delle associazioni e gruppi operanti a favore del riconoscimento dei diritti delle popolazioni rom nonostante contributi progettuali presentati che non hanno avuto riscontro.
In secondo luogo, al di là di reazione allarmate di alcuni per una presunta ulteriore ghettizzazione dall’area Nord di Napoli, ci sembra che più vivibili sistemazioni abitative delle popolazioni rom rappresentino per tutti un guadagno di civiltà ed umanità nel “villaggio globale” si fa per dire e nel contempo una valorizzazione delle aree interessate se non saranno abbandonate a loro stesse come il precedente villaggio di accoglienza alle spalle del carcere di Secondigliano realizzato nell’anno 2000. E sarà facilitato l’interscambio che già esiste con il resto del quartiere con la scolarizzazione dei ragazzi, l’integrazione culturale e la provvista dei beni necessari alla sopravvivenza.
Ben vengano interventi che mirano a diminuire la distanza sociale tra i gruppi con idonee progettazioni di riqualificazione urbanistica, come “Linee guida e progettualità integrata per il superamento dei campi rom a Scampia, e la riqualifica dell’area indicata all’art. 132 norme di attuazione DPGR 323/04 Variante P.R.G. e zone limitrofe”, presentato da mesi alle autorità interessate dall’Associazione di promozione sociale “Chi rom e…chi no” Onlus ed altri gruppi che operano per il miglioramento complessivo di un area abitata anche da gruppi rom. Tali linee guida prevedono che l’area in questione, come da piano regolatore, sia destinata al vantaggio del quartiere e dell’intera città e dotata di servizi e strutture necessarie per la crescita ed il miglioramento delle condizioni di vita di tutte le persone, in primo luogo di quelle che vivono nel quartiere, realizzando la convivenza di italiani e rom.
Riteniamo che questa è la direzione che deve presiedere alla riqualificazione complessiva di un area a partire dalla realizzazione del villaggio per le famiglie rom che vivono e convivono su questo territorio da un lustro e forse più. E’ un’occasione di riqualificazione urbanistica che non va perduta.

Si ricomincia...

Nuovo anno, nuove pulize e lavori di ristruturazione, alla baracca "scola jungla" (data da decidere!, la prossima settimana verosibilmente), Chi è interessato a partecipare può inviare la propria disponibilità a chirom.e.chino@gmail.com.
Un abbraccio
Marco

"CLANDESTINO DAY"

Nell'ambito del "CLANDESTINO DAY" promosso dal settimanale dei Cantieri Sociali "CARTA", Venerdì 25 settembre 2009, ore 18:30 il GRIDAS, organizza la proiezione del film clandestino

COME UN UOMO SULLA TERRA
di Riccardo Biadene, Dagmawi Yimer e Andrea Segre. Produzione Asinitas onlus in collaborazione con ZaLab. Libia/Italia, 2008. 52'

Il documentario racconta il viaggio dei migranti africani che attraversano il deserto e i lager della Libia, subendo ogni tipo di violenza, prima di raggiungere l'Italia.

Ingresso libero negli storici locali del centro sociale del Monterosa, presso la Casa delle Culture "Nuvola Rossa" GRIDAS in Via Monte Rosa 90/b - Ina Casa, Scampia
In autobus: C67 da Capodimonte, R5 da P.zza Garibaldi: scendere a Secondigliano (fermata Monterosa)
Metropolitana: Scendere a Piscinola: autobus C67 o C75: fermata Monterosa

"L'Agorà delle culture"

Una festa per l'intercultura e il dialogo tra i popoli


Venerdì 25 settembre 2009

dalle ore 16.00

c/o Piazzale stazione Circumvesuviana “Bartolo Longo”

Ponticelli (NA)

Il programma della giornata prevede:

- ore 16:00: laboratori di animazione interculturale destinati ai ragazzi del territorio;

- ore 19:00: l'esibizione della Banda Baleno e della Malamurga di Roma;

- ore 20:00: concerto LINGUAFRANCA progetto musicale di lingue mischiate con musicisti dei gruppi Laudari Din Roşori (Romania), Marzouk Ensemble (Tunisia/Italia), La Mescla.


L’evento vuole, attraverso il linguaggio artistico, favorire la conoscenza reciproca e l’incontro tra le varie componenti della cittadinanza attraverso la valorizzazione delle culture di provenienza ed essere il motore per la creazione di una rete che si pone l’obiettivo di promuovere riflessioni sulle tematiche riguardanti il diritto di cittadinanza, la migrazione, la realizzazione del proprio progetto di vita per tutti gli individui, in un’ottica interculturale.

Aderiscono: CPS/Comunità Promozione e Sviluppo, LTM/Laici Terzo Mondo, Manitese, N:EA, PeaceGames UISP , Un ponte per…; Archivio Pace e Diritti Umani - Regione Campania ; le associazioni e cooperative sociali: Arci Movie e Atelier Re Mida , Casa Mia – E. Nitti, Chi rom e chi no, Le Kassandre, LIBERA, Il tappeto di Iqbal , Terra di Confine; Caritas Ponticelli – Parrocchia S. Maria delle Grazie al Felaco, A3I, Rifugiati Napoli, Punta Corsara – Fondazione Campania dei Festival, Coordinamento No Inceneritori Ponticelli, Centro Territoriale Mammut, Orpheus - Centro Cumano di Cultura Popolare Mescla, Insef – Insegnanti senza frontiere, Scuole del territorio di Ponticelli.

Partecipa inoltre la VI Municipalità - Ponticelli, Barra, S. Giovanni a Teduccio del Comune di Napoli che ha collaborato all’organizzazione dell’evento.

Sarà offerta una degustazione di cous cous, a cura di Ouango Kiswensida Judicael (Burkina Faso).

La Circumvesuviana garantisce una corsa speciale alle ore 22.30.

Con preghiera di diffusione.
inf@: CISS, 081/5571060, napoli@cissong.org

martedì 2 giugno 2009

A'piazzata - Spiazzarsi

Sabato e domenica 13/14 Giungno nelle piazze di Scampia

Il comitato spazio publico organizza due giorni di:

"Divertimento, musica, partecipazione negli SPAZI delle PIAZZE, che per un giorno potranno Spiazzarsi, modificando cosi le loro funzioni quotidinane e immaginando così una "nuovo" possibilità di essere spazio publico - agorà"


Vi spettiamo

sabato 21 marzo 2009

Le proposte di trasformazione urbana? Servano a diminuire le distanze sociali

di Domenico Pizzuti

Le "politiche"- in senso anglosassone – in generale ed in particolare quelle di integrazione ed inclusione sociale dipendono dalla definizione delle situazioni da parte degli attori istituzionali e sociali. Non significa la stessa cosa definire una popolazione "minoranze senza territorio", portatori di diritti e doveri riconosciuti da norme internazionali, "nomadi" stereotipo da verificare o "Rom", non riconosciuti in Italia come minoranza linguistica, "etnonimo" che nella lingua "romanes" significa "uomo" e comunque portatori di diritti universali. Il sito del Ministero dell'Interno li usa in maniera interscambiabile, ma non l'ordinanza n. 3678 del presidente del Consiglio dei ministri 30 maggio 2008 che conteneva "Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità rom nel territorio" delle regioni Lombardia, Lazio e Campania, che in seguito al censimento effettuato nelle tre regioni per lo meno numericamente non si è rivelato tale. (Il totale "nomadi" censiti dalla Prefettura di Napoli è pari a 2.784).
Insieme ad altre categorie sociologiche che definiscono la condizione di queste comunità rom sul territorio (marginalizzazione, ghettizzazione, segregazione, esclusione, stigmatizzazione), si rivela utile anche ai fini di valutazioni di progetti e proposte di ricollocazione delle comunità rom nello spazio sociale la categoria sociologica di "distanza sociale" ripresa in alcune recenti ricerche sociologiche, che ha un ruolo fondamentale nella produzione e organizzazione dello spazio sociale. La costruzione dei gruppi sociali – e di conseguenza le relazioni che tra questi si instaurano - è il risultato di processi di distanziamento, che aprono o chiudono possibilità di relazione tra i soggetti, e producono o meno un certo livello di distanza tra questi. "Per distanza sociale si intende l' indisponibilità e la chiusura relazionale – di intensità variabili – di un soggetto nei confronti di altri percepiti e riconosciuti come differenti sulla base della loro riconducibilità a categorie sociali. Essa è la risultante dell'intreccio dinamico di fattori dislocati su tre differenti dimensioni dello spazio: fisico, simbolico e geometrico" (V. Cesareo, La distanza sociale. Una ricerca nelle aree urbane italiane, FrancoAngeli, Milano 2007, 11). I fattori fisici sono relativi alla concreta collocazione dei soggetti sul territorio ed ai luoghi dove si svolge la loro vita quotidiana. Nel caso dei Rom e romeni periferie di periferia come per i campi di Scampia e Secondigliano, o adiacenze del cimitero di Poggioreale (S. Maria del Pianto), o fabbriche dismesse come in via Maddalena o sotto i ponti nell'entroterra napoletano. I fattori simbolici sono costituiti dalle categorie che il soggetto, insieme a quelle già cristalizzate all'interno della cultura in cui è inserito, costruisce e utilizza nella conoscenza della realtà sociale e nella identificazione riconoscimento dell'altro, nel nostro caso nomade, rom, extracomunitario, neocomunitario e così via. I fattori geometrici (ad esempio la distinzione tra centro e periferia), sono i punti di contatto tra spazio fisico e spazio simbolico. La diversa collocazione nello spazio urbano dei cosiddetti "campi nomadi", anche a breve distanza quelli di Scampia e Secondigliano, può essere conseguenza di una persistente segregazione sociale che gioca un ruolo non secondario nella stessa organizzazione fisica della città. .
E' chiara la valenza di questa categoria di "distanza sociale" anche per la valutazione di progetti e proposte riguardante la ricollocazione delle comunità rom nello spazio sociale dell' area napoletana, in riferimento al contributo o meno al superamento della distanza sociale tra abitanti indigeni ed allogeni. E nel contempo serve a svelare non solo interessi di istituzioni ed organizzazioni, ma i fattori simbolico-culturali soggiacenti a tali proposte ed alla politiche si vogliono adottare per la "protezione civile" in senso pieno delle comunità Rom sul nostro territorio.
Perciò ben vengano proposte che mirano a diminuire la distanza sociale con idonee progettazioni di riqualificazione urbanistica, come "Linee guida e progettualità integrata per il superamento dei campi rom a Scampia, e la riqualifica dell'area indicata all'art. 132 norme di attuazione Dpgr 323/04 Variante Prg e zone limitrofe", presentato dall'Associazione di promozione sociale "Chi rom e…chi no" Onlus nel convegno di ieri "I rom tra stato di diritto e stato di eccezione. Proposte di trasformazione urbana". Prevede che l'area in questione, come da piano regolatore, sia destinata al vantaggio del quartiere e dell'intera città e dotata di servizi e strutture necessarie per la crescita ed il miglioramento delle condizioni di vita di tutte le persone, in primo luogo di quelle che vivono nel quartiere, realizzando la convivenza di italiani e rom.
La cultura anche politica napoletana, al di là di consuete prassi e politiche emergenziali e per di più senza partecipazione democratica di attori coinvolti o interessati nell'ambito delle stesse politiche sociali, ha bisogno di nuove idee cioè di innovazioni culturali che si traducono in proposte e progetti di fattibilità con la volontà politica di attuarli. Ne acquista la nostra civiltà ed umanità!


del 19-03-2009 num. 053

martedì 10 marzo 2009

16 marzo Napoli - convegno "I rom tra stato di diritto e stato di eccezione. Proposte di trasformazione urbana.”

L'associazione “OsservAzione” e l'associazione “chi rom e ...chi no”
sono liete di invitarvi

lunedì 16 marzo, alle ore 9.30
presso l' Antisala dei Baroni, Maschio Angioino- Napoli

al convegno "I rom tra stato di diritto e stato di eccezione.
Proposte di trasformazione urbana.”


Le politiche rivolte ai rom sono da sempre ispirate ad una logica emergenziale: lo stesso termine “nomadi”, spesso usato per definirli, lascia intendere l’idea che siano presenze temporanee per le quali non è necessario mettere in campo politiche di lungo periodo, ma interventi provvisori, L’esperienza ha mostrato chiaramente che i rom non sono nomadi e che questo approccio ispirato alla provvisorietà e all’emergenza sia fallimentare, provocando marginalizzazione ed esclusione sociale, con gravi danni sociali, economici e culturali per la collettività. Per quel che riguarda le politiche abitative, ciò significa escludere l’idea dei “campi nomadi”. A Scampia vive una comunità rom da oltre 30 anni, con efficaci e proficui legami con la cittadinanza ed insediata in un’area rientrante in un più ampia zona territoriale, che, come da piano regolatore, deve essere destinata al vantaggio del quartiere e dell’intera città e deve essere dotata di servizi e strutture necessarie per la crescita e il miglioramento delle condizioni di vita di tutte le persone, in primis quelle che abitano nel quartiere. Un corretto intervento per gli abitanti rom di Scampia non può pertanto prescindere dal riconoscimento e dall’assunzione di responsabilità pubblica circa le problematiche di tutta cittadinanza di questo luogo. L’incontro vuole mettere a confronto diverse esperienze italiane per arrivare ad analizzare la situazione napoletana a partire dal contesto di Scampia, con l’illustrazione di un progetto pilota.



Programma

MATTINA, ORE 9.30-13.00

Saluti del Presidente del Consiglio Comunale, Leonardo Impegno
Presentazione dell’ Avvocato Francesca Saudino, Associazione OsservAzione
Interverranno:
Piero Colacicchi Presidente dell’associazione OsservAzione
Exuscurs storico della situazione dei rom e sinti in Italia, esperienze e buone
pratiche delle adottate da alcune amministrazioni in Toscana
Nazzareno Guarnieri Presidente della Federazione Rom e Sinti
La partecipazione politica di rom e sinti. Le soluzioni abitative alternative ai campi nomadi: “il caso abruzzese”
“I villaggi della solidarietà” di Voghera
Un video e un breve racconto sulla realtà
Padre D. Pizzuti sociologo
I rom a Napoli e l’investimento culturale
Liana Nesta, Avvocato rete Asgi
Il quadro legislativo nazionale ed europeo tra diritti lacune ed eccezioni
Dott.ssa Gabriella D’Orso, Vice Prefetto di Napoli
Le politiche e le azioni del Commissario Straordinario in relazione agli insediamenti di comunità nomadi

Dibattito finale
....................................................................................................
POMERIGGIO, ORE 15.00-18.00

Sono previsti gli interventi di:
Barbara Pierro e Marco Marino Associazione chi rom e…chi no e OsservAzione
Il racconto della realtà di Scampia , una proposta di trasformazione e riqualificazione urbana a partire dai rom : “Il progetto ambito 7”
Giovanni Laino, Docente Politiche Urbane, Università Federico II
Politiche sociali e politiche urbane
Maurizio Braucci, scrittore
Lo stereotipo e la costruzione del nemico
Njad Smajovic, Associazione Asunen Romalen
I rom protagonisti del loro futuro
Padre Fabrizio Valletti, gesuita Centro Hurtado
La formazione professionale a Scampia
Rossana Sanges, insegnante istituto comprensivo V° circolo Scampia
La scuola e i rom
Avv. Carmine Malinconico, Presidente dell’VIII Municipalità
Il ruolo e la posizione della VIII municipalità nei processi di cambiamento del quartiere
Giulio Riccio, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Napoli
Progetti e politiche per i campi rom di Scampia


Dibattito e conclusioni
..................................................................................................
Informazioni e contatti:
E-mail:
info@osservazione.org
chirom.e.chino@gmail.com
Web:
http://www.osservazione.org/
http://chiromechino.blogspot.com/


giovedì 5 marzo 2009

Formazione e laboratori Gioco 13-15 Marzo alla Scola Jungla

Vodisca

presenta

MANI
Laboratorio di costruzione di giocattoli con materiali di riciclo, per giocare con arte e scienza


Condotto da Roberto Papetti
del "Centro Gioco Natura Creatività - La Lucertola - Ravenna"


L'uomo non è dotato di una saggezza maggiore di quella degli altri esseri, per molti numeri egli è superato da molti e anche da quelli che sono irrilevanti per la loro esigua corporeità: ma l'uomo è incorso in una sorte migliore avendo avuto il dono della mano." (Giordano Bruno).

PROGRAMMA
Scampia 13 -15 Marzo 2009
c/o Scola Jungla (via Cupa Perillo - Campo Rom di Scampia)

Venerdi 13 dalle ore 15,00 alle ore 19,00


Organizzare un laboratorio di giocattoli.
Costruzioni di giocattoli con materiali di riciclo.

Sabato 14 dalle ore 9,00 alle ore 13,00


Costruzione di giocattoli semplici a tema.
Gioco e Animazione, gioco e narrazione.

Domenica 15 dalle ore 15,00 alle ore 18,00


Laboratorio e giochi con bambini"Costruire giocattoli semplici"

Un laboratorio di riscoperta della manualità elementare e creativa, capace di risolvere piccoli e grandi problemi della quotidianità nella società del compra e consuma e dell’usa e getta, per promuovere la conoscenza della cultura ludica , i suoi modi e le sue pratiche costruttive. Dall’esplorazione dell' ambiente, emporio gratuito di materiali da bottinare e riciclare, alla ricerca delle tipologia di base della tradizione popolare dei giocattoli dei bambini e delle bambine di tutto il mondo, per arrivare alla costruzione di oggetti semplici, di facile realizzazione..


Narrazione con animazione: " Un mondo, 10 giocattoli, mille ibridazioni"

Riflessione sulle specificità , la storia, le funzioni, i costi, l’ecologia, le trasformazioni, le potenzialità animative, le ibridazioni, le qualità didattiche, i collegamenti con il mondo delle fiabe e le possibilità narrative, le virtù lenitive.Laboratorio breve di costruzione giocattoli musicali, giocattoli rotanti, giocattoli volanti, giocattoli macchine, giocattoli da tavolo.


IL LABORATORIO E' GRATUITO!!!


PER ISCRIVERSI E AVERE ULTERIORI INFORMAZIONI EMAIL :
vodisca@gmail.com
TEL : 3283842929 - 3384284615

SITI : http://www.liberavoce.135.it/ / /www.racine.ra.it/lucertola/

mercoledì 11 febbraio 2009

PAN SCREENING 2009 - NAPOLI SENZA TITOLO

Dal 12 Febbraio al 10 Aprile 2009
P.A.N - Palazzo delle arti Napoli
Via dei Mille 60


Nell'ambito della mostra sullo spazio pubblico che si svolgerà dal 12 febbraio al Pan Chi rom e...chi no presenta il lungometraggio dal titolo:"A META' ".

Un doppio sguardo dall'alba al tramonto, la scelta di un luogo di osservazione privilegiato al di fuori dagli spazi di mediazione: la strada. Zona di frontiera metropolitana, fortemente caratterizzata e unica, ma allo stesso tempo uguale a tante altre. Uno spazio non strutturato in cui la realtà e l'imprevedibile si sfiorano e incrociano.






martedì 20 gennaio 2009

Carnevale

Dal 22 gennaio sono partiti i laboratori che chi rom e... chi no organizza alla "Scola Jungla" con bambini\e e ragazzi\e per partecipare domenica 22 febbraio al 27° Carnevale promosso dal GRIDAS a Scampìa.
Il Tema del Carnevale di quest'anno è stato: "PRESENZE/ASSENZE: CHI C'È SBANCA, CHI NON C'È MANCA",
Per altre informazioni sul carnevale di Scampia http://www.felicepignataro.org/




Il carro di chi rom e...chi no

giovedì 8 gennaio 2009

La Casa dei Conigli alla scola jungla

Piccoli e corti è il nome del progetto di video animazione svolto da La Casa dei Conigli per sperimentare con i bambini e le bambine diverse tecniche d'animazione per la creazione di piccoli cortometraggi animati.
Alla scola jungla è stato realizzato un video-esperimento utilizzando la tecnica della rotoscopia, un gruppo di bambini e bambine di età compresa tra i 5 e gli 11 anni, si sono trasformati in quello che volevano… macchine, cani, super eroi, sceriffi, principesse e calciatori e sono diventati i personaggi di un corto animato!
La rotoscopia è un'animazione cinematografica: i bambini svolgono una breve e semplice azione, che viene ripresa con la telecamera. Quindi si estrapolano dalla ripresa alcuni fotogrammi chiave e li si stampano. I bambini sono invitati a colorare sui fotogrammi stessi, per vederli poi nuovamente digitalizzati e montati. Ad ogni bambino è stato chiesto di esprimere un proprio sogno, o una propria preferenza su quello che voleva diventare.....

lunedì 3 novembre 2008

Superare la logica dei campi

Proposta progettuale di intervento nell’area nord occidentale di Napoli
Con questo documento i gruppi Chi rom e... chi no e OsservAzione propongono alle istituzioni nazionali, internazionali e campane il superamento della logica dei campi rom e la riqualificazione dell'area di Scampia nell'interesse di tutta la collettività, così come è previsto dalla variante del piano regolatore generale approvata nel 2004 dalla giunta della Regione Campania.

Siamo venuti a conoscenza di un progetto comunale che, nonostante le richieste, non è stato possibile visionare. Sembra che il progetto preveda la realizzazione di 5 villaggi – un nuovo modo per indicare i campi, – “temporanei”, con un finanziamento di circa 7 milioni di euro.

Secondo alcune voci, l’amministrazione intende iniziare i lavori nell'arco di 15 giorni, mentre nei campi rom proseguono un lavoro attento e partecipato su tutte le questioni che li riguardano da vicino (scuola, regolarizzazioni, questione abitativa, ecc.).
La proposta che alleghiamo è parte di questo processo di confronto e riflessione con i rom e diverse altre parti della città, in particolare il Comitato Spazio pubblico, il Comitato con i rom, l’associazione Asunen romalen. Il documento sarà presentato alla prefettura e agli organismi nazionali e internazionali competenti, con l'auspicio che si possa scongiurare l'ipotesi di agire secondo la purtroppo diffusa logica dell'emergenza e degli interventi straordinari, discriminatori e ghettizzanti che nel caso specifico dei rom, li vedrebbe destinatari di un piano avulso dalle necessarie politiche di sviluppo (culturale, abitativo, lavorativo...) che dovrebbero riguardare ed essere attuate nell'interesse di tutti, rom e non.

Chiediamo il vostro appoggio per sostenere questa battaglia culturale, per dimostrare che queste idee sono patrimonio condiviso da tanti.

Le linee guida progettuali che si propongono nel presente documento partono dal presupposto che le politiche che riguardano i rom devono tendere ad una normalizzazione degli interventi, da riportare nell’alveo dell’ordinarietà, in un’ottica reale di integrazione, nonché essere ispirate a principi di uguaglianza dei diritti delle persone, così come chiaramente enunciato dal nostro ordinamento giuridico nazionale – a partire dall’art. 3 della Costituzione - integrato da quello sovranazionale.

Ciò significa che le politiche rivolte ai rom devono rifuggire la logica dell’emergenza, della temporaneità e della specialità, soprattutto quando questi paramentri vengono utilizzate per attuare piani che vedono i rom discriminati, ovvero vittime di un trattamento sfavorevole o almeno meno vantaggioso rispetto agli altri cittadini, italiani e stranieri, nella casa come nel lavoro, nella scuola ecc.

Oltre a ciò, appare quanto mai urgente mettere in evidenza che le politiche abitative non possono in alcun modo prescindere dall’affiancamento di interventi volti alla regolarizzazione delle posizioni giuridiche, dall’incentivo al lavoro e soprattutto da interventi sociali e culturali che permettano la crescita di consapevolezza delle persone, la partecipazione attiva, l’attenzione verso gli interessi collettivi, nonché il riconoscimento dei propri diritti così come delle proprie potenzialità, insieme con gli altri cittadini non rom.

Al fine di rendere concreti i principi di cui sopra, si ritiene, come si esporrà meglio in seguito che – anche per neutralizzare derive xenofobe, di allarme sociale, nonché di opposizione delle popolazioni “autoctone”– un progetto che riguarda gli abitanti rom di Scampia non possa prescindere dal riconoscimento e dall’assunzione di responsabilità pubblica circa le problematiche della cittadinanza tutta, anche per quanto riguarda le necessità alloggiative.

In particolare, l’area dove insistono gli insediamenti spontanei dei cittadini rom, rientra in una più ampia zona territoriale, che deve essere presa in considerazione in maniera complessiva e unitaria, se si vuole realizzare un corretto intervento, al fine di restituire alla cittadinanza un territorio vivibile e funzionale, attualmente senza alcuna destinazione fruibile, evitando di concentrarsi sui soli rom. Ciò significa che l’area in questione, come da piano regolatore, deve essere destinata al vantaggio del quartiere e dell’intera città e deve essere dotata di servizi e strutture necessarie per la crescita e il miglioramento delle condizioni di vita di tutte le persone, in primis di quelle che abitano nel quartiere.

Pertanto, la risoluzione della problematica abitativa dei rom di Scampia, così come ogni intervento che si voglia programmare nell’area in questione, non potrà prescindere ed anzi si dovrà porre in armonia e in linea di continuità con la destinazione ultima dell’area così come indicata nella Variante al P.R.G., DPGR 323/04, ovvero predisporre servizi e attività produttive, sociali e culturali, nonché l’aumento della capacità alloggiativa. Così si legge testualmente all’art 132 com. 1 delle norme di attuazione della Variante al P.R.G.: «Nell’ambito individuato nella scheda 60, la variante persegue l’obiettivo della riqualificazione del tessuto urbano, attraverso la formazione di un insediamento di attività per la produzione di beni e di servizi nell’area in corrispondenza dell’immobile dimesso originariamente adibito a centrale del latte, al fine di contribuire al processo di rivitalizzazione socio – economica dell’intera periferia e degli insediamenti urbani dei comuni contermini».


La questione rom

Per quel che attiene in particolare la questione rom occorre evidenziare alcuni aspetti rilevanti:

1) le linee di indirizzo indicate in ambito europeo delineano come obiettivo prevalente, in relazione alle politiche di integrazione e miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni rom, l’eliminazione dei campi nomadi e delle baraccopoli, così come di ogni progetto segregante e ghettizzante;

2) in tal senso si menzionano in particolare le politiche sociali ed abitative adottate dal governo spagnolo e dalla Fundación Europea Secretariado Gitano, così come della maggior parte dei governi europei (Germania, Francia ecc);

3) la mancanza di interventi efficaci e tempestivi, nonché le politiche poste in essere fino ad oggi in Italia, ispirate alla logica assistenziale e discriminante con il confinamento dei rom in aree predisposte esclusivamente alla loro allocazione (campi autorizzati, villaggi attrezzati, campi abusivi, aree attrezzate, centri di accoglienza e di permanenza temporanea,ecc.), hanno prodotto gravi danni in termini di aumento di xenofobia, razzismo, degrado e marginalità sociale, abbandono scolastico, disoccupazione, insicurezza diffusa ecc;

4) a dimostrazione del fallimento prodotto dalle politiche inefficaci e/o assenti, vi è l’introduzione, nelle tre maggiori città italiane (Milano, Roma, Napoli), di una legislazione emergenziale e derogatoria assimilabile a quella atta ad affrontare catastrofi naturali e simili (art. 5 L.225/92.), che sancisce ufficialmente lo stato di eccezione delle politiche che riguardano i rom;

5) diversamente esiste da lungo tempo un consolidato orientamento teorico e pratico – sperimentato e sostenuto da professionisti, cittadini, associazioni, gruppi, enti, istituzioni pubbliche e private, laiche e religiose – che, mettendo in pratica metodologie ispirate al modello di intervento della ricerca-azione partecipata, ha prodotto efficaci risultati in termini di ricaduta sociale: integrazione, razionalizzazione della spesa pubblica, diminuzione della criminalità, sicurezza pubblica, inserimento lavorativo di giovani, crescita culturale, partecipazione attiva, cura degli spazi e degli interessi collettivi;

6) tale modello ha visto e vede tuttora nel territorio di Scampia un luogo privilegiato di intervento, in relazione alle sue caratteristiche: allocazione periferica, altissima percentuale di giovani, presenza di area non utilizzate ecc.

La messa in evidenza di tali aspetti è finalizzata a rendere chiaro che le indicazioni progettuali riportate nel seguente documento sono conformi e attuano le prescrizioni di legge riguardanti le materie in oggetto, si fondano su un’ analisi locale, nazionale ed internazionale di esperienze pregresse e attuali, e vantano risultati positivi conseguiti in applicazione della metodologica teorico-pratica di intervento indicata.


Le abitazioni

Per quel che riguarda, in particolare, la questione abitativa dei rom è necessario chiarire che non esiste un unico modello abitativo ma occorre mettere in campo soluzioni differenti per garantire il diritto alla casa, in linea con le potenzialità e i bisogni delle persone, evitando di operare scelte basate su un’ipotetica cultura rom/nomade.

Pertanto si indicano diversi strumenti per sostenere l’abitare autonomo: inserimento nelle liste dell’edilizia economica e popolare, assegnazione di alloggio sociale ai sensi della legge 9/07, garanzia e/o integrazione all’affitto di appartamenti e/o fabbricati da reperire sul libero mercato, intermediazioni, agevolazioni e predisposizione di sistemi di garanzia per l’acquisto di beni immobili (terreni edificabili e fabbricati), sostegno alla ristrutturazione di edifici dismessi e/o abbandonati, ecc.


La proposta

Proposta progettuale di intervento nell’area nord occidentale di Napoli - zone BB, EB, EA, ED e DB - ambito 7 art. 132 variante PRG. In ossequio a quanto esposto sin’ora, si propone un intervento multi ambito (giuridico, culturale/pedagogico, lavorativo e abitativo) nelle aree in cui insistono i campi rom spontanei e zone limitrofi in particolare come da tavole di zonizzazione : BB, EB, EA, ED e DB - ambito 7 art. 132 variante PRG, ovvero le aree collocate al confine nord-occidentale del Comune di Napoli all’altezza dell’Asse mediano - (futuro svincolo Scampia) - area ex centrale del latte (v. all. 1).


Il progetto prevede l’utilizzo di strumenti urbanistici attuativi, per risolvere l’attuale condizione abitativa dei rom presenti sul territorio di Scampia e rispondere in parte alla necessità abitativa in cui si trovano i cittadini italiani del luogo. In considerazione, infatti, della pressante domanda di alloggi nel quartiere, nonché della contestuale necessità di individuare soluzioni integrate che possano rispondere alle esigenze della collettività, la soluzione proposta è potenzialmente in grado di rispondere alla necessità abitativa di entrambe le comunità presenti nel quartiere, in modi tempi e percentuali diverse, e scongiurare il verificarsi di opposizioni violente e rivendicazioni collettive da parte di chi vive un eguale disagio.

Le soluzioni abitative dovranno rispettare inderogabilmente gli standard abitativi previsti dalla normativa vigente per l’edilizia economica e popolare anche in termini di diritto e doveri nell’uso dell’alloggio, con pagamento di affitto e possibilità di riscatto,il pagamento delle utenze domestiche, ecc.

I siti dovranno essere dotati di opere di urbanizzazione primaria e secondaria per un’utenza di tutto il quartiere, (scuole, centri culturali, centri sportivi, aree destinate alla produzione e alla vendita, ecc.).
Il progetto deve preservare le aree agricole esistenti, in cooperazione con i contadini della zona interpreti della memoria del luogo, nonché tutelare e valorizzare il principale patrimonio verde dell’area nord di Napoli, di cui l’area interessata è parte.

La destinazione agricola di questa parte di territorio potrebbe adempiere a diverse funzioni: lavorativa con la formazione di cooperative agricole di produzione e vendita, la costruzione di serre per la coltivazione di piante e fiori e didattica con la creazione di orti didattici.

L’eventuale espansione residenziale sarà preferibilmente ubicata in stretta relazione con quelle esistenti, in tal modo, con la fascia di rispetto dell’Asse Mediano potenziata a verde pubblico Parco integrato con la Centrale del Latte, il valore della restante area si trasformerebbe positivamente. La promozione di progetti che coinvolgano le maestranze locali (rom e non rom) nella costruzione degli alloggi e delle relative pertinenze.
Gli obiettivi che il progetto intende perseguire sono: il miglioramento della qualità di vita dei cittadini; la promozione e il rafforzamento della coesione sociale, in termini relazioni umane, mutuo aiuto, interessi collettivi ecc; l’aumento del livello di sicurezza del quartiere e della città, in termini migliore fruibilità degli spazi e dei servizi, nonché diminuzione dei reati che generano allarme sociale; la crescita e il miglioramento del livello culturale delle persone; la creazione di servizi per il quartiere (sportelli legali, asili nido, foresteria/ostello e residenza universitaria, negozi ecc); il miglioramento della capacità lavorativa del quartiere; l’individuazione di aree adibite verde pubblico; la creazione di spazi artigianali e poli produttivi con possibilità di vendita; la tutela e miglioramento dell’area agricola esistente anche al fine di preservare e valorizzare il principale polmone verde della città di Napoli, situato nell’area interessata dalla selva di Chiaiano; il superamento delle soluzioni abitative e sociali temporanee e ghettizzanti; l’aumento della capacità alloggiativa nel rispetto della normativa vigente in particolare in tema di edilizia economica e popolare; miglioramento delle competenze professionali attraverso percorsi di formazione e avviamento al lavor o;miglioramento delle condizioni di base per la progettazione di un P.u.a. e/o di ogni altro strumento urbanistico attuativo avente ad oggetto l’ambito 7, ai sensi dell’art 132, norme di attuazione della variante al P.R.G. area ex-centrale del latte Scampia.


Metodologia e ambiti di intervento

Tale progettualità deve attuarsi ispirandosi alla metodologia della ricerca – azione partecipata e deve contemperare i seguenti aspetti:

A - Ambito giuridico. La presenza regolare sul territorio italiano dei cittadini rom è un aspetto fondamentale e propedeutico al conseguimento degli obiettivi che il progetto intende perseguire, in assenza della quale qualsiasi intervento sarebbe un’inutile dispiego di mezzi e risorse. Pertanto, al fine di regolarizzare la posizione giuridica dei rom è necessario analizzare diversi aspetti giuridici e trovare gli strumenti idonei per superare gli ostacoli che frequentemente impediscono l’effettivo esercizio dei diritti. A mero titolo esemplificativo si indicano le problematiche più frequenti: il mancato riconoscimento della cittadinanza italiana per l’impossibilità di dimostrare la residenza legale ininterrottamente dalla nascita sino al compimento dei 18 anni, le difficoltà di accertamento dello status di apolide, in considerazione della situazione geo-politica dei territori della ex Jugoslavia a causa di guerre e ridefinizione dei confini territoriali; le difficoltà di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per coesione al coniuge, per ricongiungimento familiare, nonché il rilascio della carta di soggiorno ecc per l’impossibilità di ottenere dagli organi preposti la certificazione attestante l’idoneità alloggiativa per chi vive in abitazioni che non rispondono ai requisiti di legge (es. campi rom).

B - Ambito lavorativo e di sviluppo economico. L’attuazione delle politiche del lavoro e l’aumento delle possibilità occupazionali rappresentano un obiettivo prioritario del progetto, in quanto il raggiungimento della autonomia economica delle persone è elemento essenziale in ogni processo di autodeterminazione.

Favorendo l’indipendenza economica e lavorativa, inoltre, l’amministrazione assolverà il proprio ruolo propositivo e incentivatore di risorse, evitando di cadere nel circolo vizioso dell’assistenza e della dipendenza. Ciò può avvenire attraverso la messa in atto di una serie di azioni, anche avvalendosi degli strumenti e dei servizi già attivi, quali ad esempio: il microcredito, la concessione di licenze per il commercio, l’avviamento a percorsi formativi e professionalizzanti, il sostegno alla creazione di cooperative. Un’idea molto interessante riguarda la possibilità di concretizzare degli accordi con imprenditori locali e finanziatori internazionali disponibili a sostenere progetti imprenditoriali riguardanti la zona agricola esistente, su cui da diverso tempo, sulla base delle competenze esistenti e in accordo con i contadini locali si sta riflettendo.

C - Ambito sociale, culturale e pedagogico. L’area pedagogico culturale del progetto considera la cultura sia come fattore fondamentale di coesione e d’integrazione sociale, da cui deriva la valorizzazione delle identità e delle attitudini territoriali sia come forma di espressione plurale, partecipata e libera.

In quest’ottica è necessario attivare processi culturali che potenzino e favoriscano la crescita, la conoscenza e le relazioni tra gli individui e valorizzino lo scambio tra culture. La musica, il teatro, il gioco, il cinema, le feste, gli eventi culturali sono strumenti privilegiati e sperimentati per garantire la convivenza pacifica e armonica tra le persone.

In particolare il progetto ritiene fondamentale la creazione di un centro culturale-pedagogico per bambini, giovani e adulti inteso quale luogo aperto, pubblico e fruibile, catalizzatore di iniziative e esperienze innovative nell’ambito delle arti, della musica, della danza e della cultura considerata nei suoi molteplici aspetti.


La proposta progettuale in quanto tale, può essere migliorata e rivista sulla base delle indicazioni e delle riflessioni che vorranno essere proposte e che il gruppo di lavoro sarà ben felice di accogliere.

Per info e contatti ambito7@gmail.com
A cura di Associazione chi rom e… chi no, Associazione OsservAzione. In collaborazione con Associazione Asunen Romalen, Comitato Spazio Pubblico, Comitato con i Rom.

venerdì 11 gennaio 2008

Racconto del 25 ° carnevale del Gridas

Tra palazzoni di tredici piani, grandi aiuole, case popolari, mercatini rionali, chiese e recinzioni di cemento armato, carceri, campi rom e strade a scorrimento veloce….

sfila ogni anno il corteo di carnevale di Scampia, periferia nord di Napoli.
Anche quest’anno il 25° carnevale di quartiere del Gridas (gruppo risveglio dal sonno) è stato una festa popolare, con la partecipazione di molte realtà territoriali: gruppi, associazioni, scuole, singoli cittadini napoletani e rom.
Il carnevale del Gridas nasce 25 anni fa, con l’intento di rivalutare la funzione del carnevale come occasione di denuncia e critica sociale. Ogni anno viene scelto un tema sui fatti di attualità, sul quale ragionare con la costruzione di carri e maschere da parata. Quest’anno il tema è stato: “FILO DIRe/iTTO ovvero CHI CONTROLLA CHI” con riferimento ai fatti di cronaca tra spionaggi e intercettazioni: i fili delle guerre globali e sociali, i flussi di persone, donne, minori ma anche merci, immondizia, armi, scorie. Un atto di accusa verso chi tiene i fili, con schemi e omologazioni imposti dall’alto. Ma anche una spinta a cambiare le cose. Come ogni anno le maschere sono contrapposte tra simboli positivi e negativi relativi al tema scelto. E come ogni anno il corteo si è concluso con un grande falò per bruciare allegoricamente i simboli negativi e far trionfare quelli positivi danzanti in un girotondo attorno alle ceneri. Le maschere e le strutture sono costruite con materiali di risulta, cartone, cartapesta, poliuretano espanso, nell’ottica del riciclaggio. Quest’anno il Gridas ha presentato come carro negativo un grosso telefono centrale con occhio (tipo grande fratello) da cui si dipartono, collegate a fili, tante cornette, ognuna caratterizzata per argomenti (guerra, nucleare, calcio, pornografia, migrazioni, immondizia, ecc.) e temi specifici, come il ‘filo spezzato di Welby’ o il ‘filo a cappio di Saddam’.
Il simbolo positivo è stato invece un gomitolo con tanto di ferri e, in lavorazione, una rete con i colori della pace.
Altri carri erano la macchina double-face dell’ Immondizia, ovvero un doppio cassonetto:
da un lato indifferenziato e straripante, dall'altro differenziato e pulito, con tanto di fiore con ape (in omaggio alla notizia secondo cui le api non vanno sui campi OGM); poi il carro dell’associazione Chi rom e…chi no: un megafono gigante, a più voci; e ancora le parodie e le canzoni composte dal maestro Gianni Taricone.Per un giorno all’anno Scampia si riempie di gente, colori, musica, si respira un’alchimia sapientemente costruita e voluta dal Gridas e da tutte le realtà che vi partecipano “che si riappropriano della strada con i piedi”, per usare le parole di Felice Pignataro. Il Gridas è un centro sociale costituito nel 1981, l’acronimo ‘gruppo risveglio dal sonno’ (in riferimento alla frase di una delle incisioni della “quinta del sordo” di Goya), allude al risveglio delle coscienze e ad una partecipazione attiva alla crescita della società. Fondato da alcuni attivisti, tra cui Felice e Mirella Pignataro, il gruppo comincia sin dall’inizio a dare un contributo deciso all’innovazione educativa, soprattutto nelle scuole, nell’ottica di una pedagogia creativa: pittura collettiva, uso dei sussidi audiovisivi, riscoperta della manualità, riciclaggio dei materiali, sperimentazione di nuovi linguaggi artistici come i murales, i fumetti, gli autoadesivi stampati a mano in lineolografia, e la televisione a mano come teatro minimo di strada. Da più di vent’anni il Gridas svolge sul quartiere una fondamentale azione sociale e pedagogica, gratuita, incessante e tenace, tanto da diventare un punto di riferimento per le altre realtà territoriali che nella sua sede si incontrano, si scambiano opinioni, progetti, modalità pedagogiche e relazionali, sostenendosi nella realizzazione delle diverse attività.
L’ obiettivo principale è favorire le relazioni e la collaborazione, soprattutto nel dono reciproco della manualità. Il Carnevale del Gridas è così diventato un esempio importante di lavoro in rete: il gruppo storico dà il là, definendo un tema e un percorso (‘il bando di Carnevale’), e altre decine di gruppi lavorano su questa traccia in maniera assolutamente autonoma, calandola nelle proprie specificità. Nel momento finale, quello della piazza, tutti i singoli percorsi e i soggetti che li hanno realizzati confluiscono di nuovo in un luogo-tempo comune, quello politico e artistico della strada e della piazza.Oltre che con il Carnevale, Il Gridas ha saputo costruire nel corso degli anni consuetudini e memorie in molti altri modi, per esempio con un cineforum (dal motto “La televisione divide il cinema unisce”, con un programma ricco di proiezioni ignorate dalla grande distribuzione) e soprattutto con gli oltre 250 murales realizzati da Felice per colorare i muri grigi di periferie di tutto il mondo, a rappresentare “l’utopia sui muri” (titolo di uno dei libri di Felice Pignataro, Info:www.felicepignataro.org), tentativo di abbattere le barriere di indifferenza e pregiudizio dipingendole simbolicamente. “Arte e creatività in funzione di critica sociale, sostegno per tanti e stimolo per cambiare le cose”.Felice oggi non c’è più, ma l’eredità che ci ha lasciato è enorme, la sua azione pedagogica prosegue con la sua famiglia, Mirella, la moglie e i figli Martina, Giovanna, Luca e trae forza da una rete di relazioni che si è consolidata nel corso degli anni e ha reso possibile le “Utopie” di tutti noi.

martedì 18 dicembre 2007

Oplà città in campo

Il Comitato Spazio Pubblico ringrazia tutti coloro che hanno partecipato e condiviso il senso della giornata di convivialità e riflessione al campo rom. Continuate a seguire le iniziative del comitato






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domenica 10 giugno 2007

ARREVUOTO

"Arrevuoto”, rivolto, sconquasso, metto sottosopra, ribalto la situazione. Il titolo dello spettacolo è un termine napoletano diventato nel tempo comprensibile anche per chi viene da Ravenna. Durante i primi mesi di laboratorio al Gridas, era la parola che risuonava di più: in qualsiasi momento, per qualsiasi ragione futile o importante che fosse, potevi sentirla. Dio Ermes con tutta la sua forza la urlava contro tutto e tutti, in questo modo Emanuele con atteggiamento minaccioso e determinato, che ha solo chi sa di essere il re, pareva riuscire a definire con chiarezza e lucidità i labili contorni di un progetto complesso e coraggioso, in cui tutto era sotto tiro, noi compresi, chiamati in qualche modo a scegliere se accettare la sfida o soccombere.
La costruzione del percorso teatrale con il gruppo di ragazzi che seguiamo è iniziata al Gridas (gruppo risveglio dal sonno), centro sociale di Scampia e punto di riferimento della nostra azione politica e sociale. Il progetto in partenza è pensato per le scuole e noi non lo siamo, per di più non siamo neanche un’associazione, la nostra presenza non è per niente scontata al suo intorno. Arriviamo con un gruppo eterogeneo per età, provenienza e storie di vita, con una serie di complessità e peculiarità legate alle diverse situazioni, ma la passione e la consapevolezza con cui portiamo avanti i percorsi pedagogici con rom e napoletani da anni e la fiducia degli amici che ci hanno voluto nel progetto, fa sì che le differenze diventino ricchezza e che noi vi partecipiamo.

Pensare a chi coinvolgere, immaginarseli su un palco, incontrarli e convincerli a fare un laboratorio di teatro tenuto da una compagnia che viene apposta da Ravenna.
Spingere i ragazzi verso un’esperienza che non conoscevo mi risultava strano, né io e né loro sapevamo bene dove ci avrebbe portato, ma con il fiuto certo e istintivo che accomuna chi percepisce a pelle le occasioni, decidiamo di far parte del grande gruppo che stava nascendo.
Vuoi venire a fare un laboratorio di teatro? C’è un’importante compagnia teatrale, e poi ci saranno tanti altri ragazzi e ragazze, 50, 60 con cui ci incontreremo ad un certo punto per fare uno spettacolo a Scampia e uno a Napoli, in un teatro che si chiama Mercadante.
All’inizio era tutto incerto, le telefonate ogni domenica per annunciare il laboratorio del giorno dopo, appuntamento alle 16 al campo rom e fuori alla chiesa del rione. Andavo ma spesso capitava di non trovare nessuno. Così mi guardavo intorno, cominciavo a cercarli nelle “case dei puffi”, fino ai piani alti delle torri dove non ci sono i citofoni e puoi entrare solo perché sei riconosciuto, nei campi rom, per strada, nei ritrovi. Li incontravo allora nei loro spazi e luoghi quotidiani, che sentivo così distanti dalla storia del teatro, quello spaccato di vita lo avvertivo così limitante rispetto alla mia percezione del mondo, all’impegno e alla fatica che ogni giorno fai per vedere meglio quello che ti accade intorno, per provare a capirlo e, nel tuo piccolo, a cambiarlo. Sentire perciò dai ragazzi tutte qulle storie sul “ma che serve tanto tutto resta uguale”, mi creava una sorta di insofferenza, quella sensazione di immobilità, di rassegnazione passiva che mi spingeva a parlargli in maniera sempre più disincantata ripetto a quello che sentivo e vedevo. In gioco non c’erano solo loro, ma la mia stessa vita, eravamo tutti parte di un solo grande spettacolo… perciò valeva la pena provare e riprovare, bussare all’infinito a quella porta, anche quando che sai già che non si aprirà, ma non importa tu vuoi fargli sapere che ci sei, sei lì per lui, che non c’è fretta, perchè sei disposta ad aspettarlo tutto il tempo di cui avrà bisogno per convincersi che può volare, ridere, scherzare, essere felice, e tu con lui.
Più in là mi sarei accorta, invece, di quanto questa realtà complicata e contraddittoria, sarebbe entrata a pieno titolo nello spettacolo, fino al punto in cui era lo stesso spettacolo a trarre da quelle storie vitalità e forza.
In questi giri, così preziosi perché mi consentivano di costruire un’intimità profonda e difficilmente ripetibile, trovavo Anna immersa in un riposino pomeridiano dopo la scuola che a fatica apriva gli occhi davanti a me pronta a trascinarla al laboratorio. Gelian, che ancora indaffarata a preparare la la legna per la stufa, mi chiedeva di ripassare dopo un po’, quando bella e profumata sarebbe stata pronta ad affrontare la sua timidezza. O Dusko, che non usciva se non si era pulito le scarpe ben bene e ingelatinato i capelli con diligenza svizzera.
“Arrevuoto”, insieme di mille storie, tra queste ripenso a Jasmin. Il treno notturno in partenza per Torino, su quel treno lui e la sua famiglia lasciano la miseria di un campo rom abitato per più di quindici anni, in cerca di nuove speranze, di nuove mete da raggiungere, quando l’orizzonte circostante diventa troppo limitato solo quello che è sconosciuto ti lascia la possibilità di continuare ad immaginare. Ma per Jasmin è più dura, dopo tanti mesi passati a combattere con la propria incostanza, la timidezza, a vivere un amore quasi inverosimile con una ragazza napoletana, tutti altri luoghi e abitudini, adesso a soli 15 giorni dallo spettacolo deve andare via. Le tante telefonate, la possibilità di un alloggio, di un sostegno forte su cui contare e la consapevolezza di aver partecipato ad un’esperienza importante a cui non si può rinunciare, lo spingono a ritornare e ad esserci allo spettacolo finale.

Le chiacchierate nelle loro case con le famiglie, passate a raccontare dello spettacolo e dell’importanza dei loro figli nella costruzione dell’intero percorso, la possibilità per molti di andare a teatro per la prima volta… sono tutti elementi irrinunciabili per creare quel senso di comunità che unisce le persone intorno ad percorso condiviso e partecipato, e ridà senso allo stare insieme.
La cosa importante non sembrava allora essere il teatro o per lo meno quello che così chiamavamo noi adulti, visto che la loro idea di teatro era piuttosto vaga. Gli esercizi di preparazione poi, tutte stronzate, che creano imbarazzo, ma in fondo anche molto divertenti perché tutti ci mettiamo in gioco, superando i ruoli che rivestiamo. La cosa che ci ha tenuto insieme, è l’energia che respiriamo in questi momenti di grande sintonia, ricercata, sudata, guadagnata, la sensazione di poter dare vita ad una bella storia fatta di guerra, di determinazione, di insofferenza, di pace e di bellezza. Con la maggior parte dei ragazzi del laboratorio ci conosciamo da anni e l’esistenza di una relazione autentica e consapevole facilita il percorso, anche se le difficoltà a volte pesano molto. Lavoriamo sulla capacità di concentrarsi, di essere gruppo nel rispetto dei tempi e delle caratteristiche personali di ognuno, e il laboratorio diventa man mano spazio di vita in cui riuscire a canalizzare le tensioni, le insofferenze, le paure e ad esprimere il meglio delle proprie potenzialità.
I laboratori di teatro sono in sintonia con il lavoro che si svolge in strada, quando li cerchi e con loro parli di Aristofane come di qualcuno conosciuto da sempre, quando nel rione intoni sotto alla torre una strofa dell’ottava del Boiardo per chiamare Antonio al 10° piano, al campo rom quando sbraiti e ripeti all’infinito la bellezza e l’importanza delle loro presenza lì, della potenzialità della lingua romanes come elemento determinante nella composizione magica dello spettacolo. Lavorare sulla possibilità di costruire percorsi significativi in cui i ragazzi sentono di poter trovare un loro spazio fisico e mentale in cui esprimersi, attraverso la “messa in vita di uno spettacolo teatrale”, diventa la chiave per consentire loro di scegliere di venire, di impegnarsi e sudare con te perché così senti in qualche modo di esistere dignitosamente. I ragazzi con cui ci ostiniamo a lavorare sono quelli che vengono espulsi normalmente dalle scuole medie e inseriti in classi speciali sistemate in “strani posti” dove trascorrono tre giorni a settimana, quando ho chiesto ad Anna pupatella cosa fossero, lei ha risposto che “è una classe dove stanno tutti i ragazzi terribili, solo che ora i terribili sono aumentati e le classi sono passate a due”. Ragazzi che decidono lucidamente di non mettersi nei guai, di non andare a rubare quel giorno e venire al laboratorio, che stanno agli arresti domiciliari e che vengono liberati pochi giorni prima dello spettacolo in tempo per rappresentare la pace, sono gli stessi che riescono a salire sul palco e “arrevutare” la scena con tutto il pubblico presente, a dispetto di qualsiasi stereotipo e immagine che insegnanti, giornalisti, adulti borghesi e saccenti gli hanno incollato addosso. Sono le loro mamme che fuori all’Auditorium minacciano di portarsi via i figli se non le fanno entrare per la seconda serata consecutiva dello spettacolo, finalmente quello spazio viene restituito alla gente dopo 15 anni di chiusura e i primi a salire sul palco sono proprio loro.

domenica 19 febbraio 2006

Viaggio nella memoria per...

Storie di ordinaria Scampia


Ripercorrere strade, luoghi, ricordi. Ricostruire memorie, pensieri, storie. Vivere il proprio quartiere, scoprirne la bellezza, sentirsi parte di esso, ritrovare una “normalità”. Un lavoro iniziato un anno fa, proposto ad un gruppo di adolescenti e alle scuole elementari e medie di Scampia; proposta accettata, discussa, rielaborata, ognuno con i propri strumenti e con la propria complessità. Il tentativo di uscire da se stessi e dall’immagine che ultimamente gli eventi e il mondo mediatico hanno imposto all’opinione pubblica, e contemporaneamente uno sforzo per ricollocarsi e ritrovarsi in un luogo che pare non avere una precisa identità, comunemente percepito come terra di nessuno, deserto urbano, scenario di macabre e inaudite violenze, mercato indisturbato della grande criminalità, all’ombra di una minacciosa e imponente edilizia popolare. Un viaggio, alla ricerca delle proprie radici passate e future, e per la trasformazione visiva ed emotiva di questo spazio vivo, vitale, vivido, che non è solo una periferia degradata, e che non esiste solo in quanto fonte inesauribile di osceni scoop televisivi. E le indagini, le inchieste sociali, le ricostruzioni, gli eventi, sono stati condotti e vissuti per una volta in prima persona da chi questo spazio lo abita, lo conosce, e prova a comprenderlo. La parola è passata da subito ai ragazzi, gli unici possibili artefici e protagonisti del proprio possibile e futuro cambiamento, in risposta a tutti i vani piani pseudo-educativi e assistenzialisti che la società e le istituzioni pubbliche si sforzano, talvolta, di applicare.

La scoperta dell’altro, ovvero storia di una passione comune
Scampia è divisa in rioni o lotti, anonimamente contrassegnati da lettere (Lotto A, G, S…), collegati da dispersivi stradoni che spesso non hanno un nome, e che non sono facili da percorrere a piedi (ma per andare dove poi), poiché la segnaletica è spesso inesistente. La vita di strada, così comunemente napoletana, si rinchiude e si contrae in questi isolotti, e non è favorita da alcuno spazio aggregativo (piazze, bar, mercati); gli unici punti di ritrovo sono, di fatto, le cosiddette agenzie territoriali o presidi istituzionali (chiesa, scuola) che di volta in volta rispondono a varie esigenze oltre a quella propria, e diventano così palestre, laboratori, sale polifunzionali. Per estendere le proprie relazioni sociali spesso bisogna spostarsi in altre zone della città, che tuttavia si possono raggiungere con autobus o grazie a una funzionale metropolitana. La mancanza di tali spazi vitali, é il frutto di un disegno urbanistico piuttosto limitato e poco attento, evidentemente, al bisogno tipicamente umano di relazionarsi con gli altri, ci si è concentrati solo sulla creazione di enormi edifici dormitorio, il resto è stato ritenuto superfluo.
Uno di questi rioni, un lotto, confina con un campo rom “abusivo”, che occupa un’area dimenticata dall’ establishment politico, ai margini della città, ma non troppo, sotto un’arteria stradale che dovrebbe mettere in comunicazione Napoli con l’hinterland, chiamata asse mediano, che però non è mai stata completata. L’insediamento risale a parecchi anni fa, e numerose famiglie vivono in condizioni che definire precarie sarebbe insufficiente per rendere l’idea della situazione: senza acqua, senza luce, senza servizi igienici. Baracche di nome e di fatto, circondate spesso da cumuli di spazzatura anche di produzione esterna, che l’impresa cittadina che si dedica alla rimozione di rifiuti, decide in maniera assolutamente arbitraria quando e se prelevare, e proprio recentemente solo dopo aver ottenuto un finanziamento straordinario di migliaia di euro. Eppure, come già detto, la zona non è del tutto invisibile e marginale, confina anche con una scuola elementare, oltre che con quel lotto.
E’ molto difficile però la comunicazione fra i due microcosmi, vicini di casa, sì, ma non necessariamente simili. Bambini, adolescenti, adulti, allo stesso modo, ma le diffidenze sono molte, e apparentemente anche le differenze. Certo differenza di abitazioni, gli uni nelle case, gli altri nelle baracche, gli uni con l’acqua calda, gli altri costretti a stratagemmi per avere l’elettricità, differenza di abitudini, di lingua, di abbigliamento…napoletani e rom, due culture a confronto, un confronto molto ravvicinato e quotidiano, che non sempre riesce a diventare incontro, i pregiudizi e la non conoscenza, si sa, rendono ciechi e ostili. Eppure, queste due comunità condividono lo stesso territorio, le stesse scuole, le stesse strade, gli stessi momenti difficili, la stessa storia, passata e presente. Sono entrambe comunità migranti: Scampia è un quartiere giovane, recente, alcuni abitanti provengono dalla Macedonia, dalla Serbia, altri dai quartieri del centro di Napoli, ma i ricordi di ognuno in questo luogo risalgono a un passato molto recente, e la costruzione di un’identità precisa è un processo tutt’ora in corso. Questo compito, è affidato ai giovani e giovanissimi, che invece sono nati a Scampia, rom e napoletani, che non corrispondono affatto, né si riconoscono, con i luoghi comuni con cui vengono bollati e inquadrati.
Un gruppo di adolescenti del campo rom e del lotto confinante, insieme, hanno dato vita a un percorso di vera e propria cittadinanza attiva, dimostrando di poter ribaltare la situazione e riuscendo a stabilire relazioni durature e profonde. Prima non si conoscevano molto, forse non avrebbero mai pensato di trascorrere intere giornate insieme, di scambiarsi opinioni; i napoletani non avrebbero mai pensato di poter andare a trovare i loro coetanei nelle loro baracche, di visitare le loro case, di intervistare i nonni e le madri, di rendersi conto che se non si lavano molto è perché l’acqua corrente non è sempre un diritto di tutti, di riconoscersi negli atteggiamenti e nelle paure, comuni a tutti gli adolescenti, anche se questi (sia i napoletani che i rom) crescono piuttosto in fretta. E d’altra parte, di uscire dal quel lotto, incastrato in buona parte dai movimenti dello spaccio di droga, viavai di tossicodipendenti, di sfidare le strade anonime del quartiere, tutti insieme, per fare passeggiate che in altri zone sono del tutto normali, e che anche qui possono e devono esserlo. Macchine fotografiche e videocamere alla mano, hanno esplorato il territorio, il loro territorio, riappropriandosene, scoprendo punti, angoli, panorami, una natura rigogliosa, e il piacere di percorrere questi spazi e di descriverli con strumenti creativi eppure semplici. Un’inquadratura, un’angolazione, un soggetto o vari, uno sfondo, e ripetuti e molteplici scatti e riprese, un apprendimento graduale ma molto istintivo e quasi naturale. Pensare a un’immagine e vederla poi stampata e dunque concreta, riconoscersi, imbarazzarsi ma poi un po’ vantarsi del proprio inaspettato lavoro, che racconta dall’interno e con cognizione di causa ciò che ogni giorno si sfiora appena con lo sguardo. E di nuovo gradualmente ma naturalmente, durante questi incontri, la scoperta di una passione comune, portata avanti in maniera differente, ma con uguale entusiasmo: la danza, il ballo, espressione corporea irrefrenabile, impulsiva, quotidiana. Nel lotto, uno dei ragazzi, da un po’ di tempo organizza e gestisce una scuola di ballo in uno spazio “arrangiato” ma fornito delle cose essenziali: stereo, casse, musica latinoamericana e uno specchio. La scuola è rivolta a una marea di piccoli allievi che il giovane maestro segue con dedizione, curando tutti i minimi particolari, ricambiato dalla loro continuità e ammirazione. Un’altra ragazza, a volte è presente, ma segue in altri modi la sua vocazione. Nel campo rom, i ragazzi si esercitano preferendo la break-dance e l’hip hop, le ragazze le loro musiche arabeggianti. Si sono incontrati su queste basi, hanno lavorato sulle differenze e sulle somiglianze, alcuni hanno appreso passi nuovi da altri, hanno provato e riprovato in strada, nella villa comunale, in un centro sociale poco distante, e insieme hanno dato vita a vari spettacoli rivolti al quartiere, alle loro famiglie, alla città. Per tre giorni, durante una mostra del loro lavoro di un anno, le fotografie e il video-documentario, in una villa comunale finalmente piena, viva, grande contenitore e spazio espositivo anche delle 35 grandi cartine del quartiere su cui hanno lavorato le sette scuole di Scampia. In un clima di pace ed entusiasmo, si sono esibiti in danze emozionanti, e hanno riunito gli abitanti del quartiere, rom e napoletani, fianco a fianco, che hanno vissuto momenti di gioia, di divertimento, momenti straordinari, ma che si costruiscono giorno per giorno, e che racchiudono storie di ordinaria e quotidiana lotta umana per una vita dignitosa ma anche tremendamente esplosiva ed emozionante.